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Le Maschere di Milano

Storia > Curiosita' > Il Carnevale Ambrosiano
Meneghino e' il diminutivo di Domeneghín. La probabile origine del suo nome risale ai "Menecmi" di Plauto, oppure al "Menego" di Ruzante, oppure più semplicemente dal nome dei servi utilizzati nelle ricorrenze domenicali, chiamati "Domenighini".
"Meneghín Pecenna", pecenna da pettine: oltre a fare da accompagnatore alle messe domenicali e da maggiordomo,  "Meneghín" accudisce alla capigliatura della signora; chiamato  "parrucchiere" per la sua abitudine di strigliare e scimmiottare  burlescamente i nobili per via dei loro vizi.      
"Meneghín Pecenna", pecenna da pettine: oltre a fare da accompagnatore alle messe domenicali e da maggiordomo,  "Meneghín" accudisce alla capigliatura della signora; chiamato  "parrucchiere" per la sua abitudine di strigliare e scimmiottare  burlescamente i nobili per via dei loro vizi.      

A dare vita e notorietà al personaggio è Carlo Maria Maggi. Nell'Ottocento Carlo Porta ne accentua il carattere di censore dei costumi del clero e  dell'aristocrazia. Il costume è caratterizzato da pantaloni e casacca in  panno verde orlati in rosso, panciotto a fiori, calze a righe  orizzontali bianche e rosse, scarpe con fibbia, parrucca con codino  all'insù, camicia bianca, cappello a tricorno verde orlato in rosso.

Meneghino - stampa ottocento (Pubblico Dominio)
Cecca e' la forma dialettale di Francesca, moglie del "Meneghín",
detta "Cècca di birlinghitt"  per via dei fronzoli, nastri,
guarnizioni di cui ama abbigliarsi. Di  carattere allegro e sorridente, è abile a risolvere i problemi domestici  grazie alla sua fantasia, alla sua buona volontà e alla sua abilità,  capacità che usa per servire al meglio i suoi padroni e per aiutare Meneghino  nel suo lavoro di servitore, mestiere che è anche quello di Cecca.

Insieme costituiscono la "classica" coppia milanese "Meneghín e Cècca"  che, con fantasia, volontà, sacrificio, abilità e spirito  imprenditoriale, riesce sempre a far quadrare i conti di casa.

Come  Meneghino, non indossa la maschera, come dimostrazione della sua  autenticità e onestà. L'abbigliamento si compone di calze azzurre, un  grembiule bianco sopra una sottana color granata a pallini bianchi  (altre fonti la vorrebbero di colore verde), un corsetto di velluto nero  con bianchi pizzi e bottoni d'oro. Sulle spalle porta uno scialle di  tulle e in testa la cresta pieghettata alla brianzola (ornamento reso  famoso da Lucia Mondella nei Promessi Sposi, per l'accurata descrizione di Alessandro Manzoni)






Cecca in una stampa ottocentesca (Pubblico Dominio)
Completo la trilogia delle maschere milanesi con quella meno famosa e forse poco conosciuta anche dai Milanesi.
In realta' la prima maschera in assoluto del Teatro dell'arte milanese e' stata quella di
Lapoff, una sorta di Pierrot vestito come un Pulcinella, con un cappellaccio (capello a laa-pouff) floscio più che uno straccio.
Ma torniamo al nostro
"Beltramm",  primitiva maschera milanese. Rappresenta il personaggio del contadino  stolto e fanfarone, capace solo di commettere grandi stupidaggini,  volendosi mostrare più signore di quanto non sia, da qui il detto: "vess  (essere) de Gaggian"  o "vess un Beltramm", che indica una persona non troppo sveglia,  o  "Beltramm de la Gippa", per via dell'ampia casacca. Il suo costume  consiste in una maschera marrone, berretto nero, giacca, pantaloni e  mantello, scarpe in pelle, cintura gialla, le calze, il colletto e i  polsini bianchi. La creazione del personaggio di Beltrame è talvolta  attribuita all'attore cinquecentesco Niccolò Barbieri che ne fu il  principale interprete nelle rappresentazioni nelle corti; per  coinvolgere il pubblico saliva sui banchi per essere visto da tutti, da  qui il termine "mont in banc" o "saltimbanco", etimo utilizzato per  indicare un attore comico.
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